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La Casa di Carta 4: un racconto allungato troppo che non ha più nulla da dire

di Roberto Mallò

06/04/2020 - 18:30

La Casa di Carta 4: un racconto allungato troppo che non ha più nulla da dire

La Casa di Carta 4
La Casa di Carta 4

La Casa di Carta è crollata. Nel guardare le gesta inedite della banda del Professore (Alvaro Morte), da venerdì scorso su Netflix, si ha la sensazione di trovarsi di fronte ad un’accozzaglia di elementi non incastrati a dovere e trascinati all’inverosimile pur di portare avanti un racconto che, in realtà, avrebbe ben poco da dire. Una sorta di “reboot” mal riuscito delle prime stagioni: lo schema è il medesimo ma con delle “aggravanti” date dal già visto e dalle forzature narrative.

A cominciare dal presupposto debole (la liberazione di Rio) per riaprire la trama nella terza stagione che, alla luce dei fatti, non ha portato nulla di nuovo nella storia e che ha spinto tutti i personaggi, fatta eccezione dell’innamorata Tokyo (Ursula Corberò), a muoversi senza delle valide motivazioni. Addirittura c’è chi come Lisbona (Itziar Ituño) è passata da poliziotta a criminale, lasciando la madre malata e la figlia piccola dall’altra parte del mondo. Pur di tenerlo ancora “in vita”, c’è un continuo riferimento all’amato personaggio di Berlino. E’ lui il vero ‘Deus ex Machina‘ del nuovo colpo tentato dal Professore; è lui che ha previsto anni prima, insieme a Palermo (Rodrigo de la Serna), ogni possibile intoppo affrontato dai compagni. Una forzatura, soprattutto se si considera che i sistemi di sicurezza di un luogo così importante sono soggetti in maniera costante a dei cambiamenti, proprio per evitare che vengano ‘sconfitti’.

Si è inoltre mantenuto il solito cliché dei ‘villain’, appartenenti alle Istituzioni, caratterizzati con bassi valori umani per spingere il pubblico a provare empatia per gli ‘adepti’ del Professore. In quest’ottica vanno dunque ad inserirsi anche un personaggio riuscito come la Sierra, incinta ma disposta anche allo spargimento di sangue per arrestare i colpevoli, e l’addetto alla sicurezza della Banca di Spagna Cesar Gandia (Josè Manuel Poga), maniaco omicida dai tratti “immortali”, capace di sfuggire – spesso senza farsi nemmeno un graffio – a colpi di fucile sparati da più persone, a bombe a mano e ad esplosioni degne di un film slasher 3.0.

Insomma, una storia che si è accartocciata su se stessa pur di andare avanti in nome del fenomeno globale che ha innescato. E il cliffhanger della quarta stagione rischia di snaturare e sbrodolare ancora di più la trama dei nuovi episodi.

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