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C’è spazio per il dramma

Il successo de La Sposa e delle dizi turche ci dice che il pubblico ha voglia di storie a tinte forti

Mattia Buonocore

di Mattia Buonocore

12/06/2024 - 18:49

C’è spazio per il dramma

La Sposa: Serena Rossi (Us Endemol)

Lacrime e sangue, bene contro male. Il pubblico italiano ha da sempre nutrito una spiccata predilezione per le grandi passioni trasposte in serie (e prima ancora in opere liriche). Tuttavia, negli ultimi tempi, si è assottigliato lo spazio, sui nostri teleschermi, dedicato a dramma e melodramma. Da un lato normali ragioni fisiologiche, dall’altro precise scelte di posizionamento ed escalation di altri generi.

Il crime e light crime con protagonisti forti (Lolita Lobosco, Imma Tataranni, Makari) hanno preso il sopravvento in Rai e anche Mediaset ha iniziato a muoversi su quella falsariga (Vanina, Viola come il Mare). Gli OTT hanno “scoperto”, invece, il teen drama. Allo stesso tempo, il “drammone” è visto quasi come un genere inferiore agli standard della produzione del servizio pubblico, mentre Mediaset, dopo le annate targate Tarallo, aveva bisogno di “calma” e di fare un passo indietro. Eppure, il pubblico delle fiction ha ancora voglia di dramma puro.

In primis, ce lo dice il successo, in Italia e nel mondo, delle dizi turche. Non solo, tra le serie tricolori più viste degli ultimi anni spicca La Sposa: la più classica tra le proposte recenti Rai ha sbancato gli ascolti (6,9 milioni per l’ultima puntata in onda nel gennaio 2022) e ha ben figurato nel prime time spagnolo di Antena 3, la rete che ha lanciato La Casa di Carta e Il Segreto e ospitato Terra Amara. Parlando di fiction di successo, lo stesso Mare Fuori è molto più drama che teen mentre in casa Mediaset, nelle ultime stagioni, si sono distinte le miniserie con Sabrina Ferilli.

Dopotutto, quando la domanda è superiore all’offerta, quest’ultima viene gioco forza apprezzata. Non sono da escludere, riguardo al successo dei drama in onda, anche delle specificità sociologiche legate alla voglia di esorcizzare post Covid.

E’ ora dunque di frenare l’avanzata turca e riprenderci ciò che è nostro?

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